| I volti di Hermes |

pagine : 108
dimensioni : 14,5x21
prezzo : € 12,00
ISBN : 9788871863740
Anno di pubblicazione : 2013



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Giancarlo Pontiggia
Lo stadio di Nemea
Discorsi sulla poesia
 
 



«La storia della mia poesia potrebbe essere riassunta così: sono nato nel 1952, ho esordito nel 1977, ma ho pubblicato il mio primo vero libro solo nel 1998. Insomma, è come se avessi esordito due volte. La prima volta, al tempo della rivista milanese «Niebo» e dell’antologia poetica La parola innamorata, fui come ipnotizzato dalla strabiliante ricchezza dei linguaggi contemporanei, dal loro caos avventuroso e colorato: ma non ci misi molto a capire che quelle poesie potevano piacere solo al mio tempo, non a me; che erano state scritte con la lingua, troppo facile, di un’epoca, e che – in ogni caso – non mi appartenevano. Allontanarle da me, prima che cadessi nella tentazione di farne un vero libro e di cristallizzarle in un’esperienza definitiva, significò poter ripensare la poesia in una dimensione più limpida e misurata, più severa e appartata: non sapevo ancora cosa volevo, ma sapevo ciò che non volevo più. Il ritorno ai classici latini e greci, letti appassionatamente durante l’adolescenza, e poi abbandonati all’Università, mi svelarono la vastità e la profondità di un pensiero poetico nato alla confluenza tra ispirazione e disciplina, natura e storia, memoria letteraria e tempo presente. Amavo, ed amo, i libri architettonici, strutturati e ventosi, dove ogni parola si potenzi nelle altre, liberando la forza archetipica dei nostri sogni e dei nostri pensieri. Diffidavo delle parole che suonano troppo, ma anche di quelle che non suonano, così come diffidavo, in genere, delle parole astratte, non nutrite di materia e di vita, di quella sovrana forza sensibile e naturale che viene dall’esperienza delle cose del mondo. Passando gli anni, posso solo aggiungere di credere sempre meno nel potere delle poetiche e sempre di più nella qualità sostanziale della poesia, che mi appare – al suo meglio – come una prodigiosa sintesi di immaginazione, pensiero e suono. In ogni caso, credo che ai poeti si debba chiedere, come sempre, di dire qualcosa che ci riguardi in profondità: parole forti e generose, risolute e chiare, anche quando affondino nella fragilità opaca del vivere, nel buio irriducibile delle nostre più segrete pulsioni».